Di Sara Canali sonno, Sport e salute: Termini e condizioni di uso, ma ancora non sappiamo esattamente perché. Sono diverse le teorie che sono state elaborate e l'ultima, in termini di tempo, è quella della “pulizia” secondo la quale, durante il sonno, il cervello mette in moto un sofisticato sistema che, sfruttando l’espansione in volume di una rete di canali tra i neuroni, permette al liquido cerebrospinale di scorrere per smaltire prodotti di scarto come la proteina beta-amiloide. Si tratta di una neuro-tossina che viene prodotta durante il giorno e, se presente in elevate quantità, potrebbe essere uno dei responsabili della malattia di Alzheimer (teoria in fase di accertamento). Ancora oggi, però, sono in corso studi per analizzare il fenomeno e cercare quelle molecole o reazioni che darebbero una valenza scientifica ed empirica alla nostra necessità di metterci in modalità “off” durante la notte.

Cosa succede se non dormiamo abbastanza

Il sonno dellatleta è influenzato da fattori specifici dello sport e fattori extra sportivi Coperta ponderata, il rimedio contro linsonnia, quali sono le conseguenze in caso di carenza o privazione di sonno. "Quello che dobbiamo sapere è che, al di là di varie teorie, l'uomo ha necessità di dormire seguendo il proprio ritmo circadiano: per alcuni si sviluppa nel giro di 7 ore, per altri 9, quindi la media delle 8 ore per notte cerca di trovare un fattore comune tra queste due necessità", dice Gian Mario Migliaccio, dottore di ricerca e divulgatore scientifico.

Ogni persona ha un ritmo circadiano interno che divide il mondo in tre cronotipi: i Morningness (gruppo M), più attivi al mattino e meno la sera, e gli Eveningness (gruppo E), quelli che hanno bisogno di tempo per carburare e rimangono attivi fino a tardi e i Neutral (gruppo N) che viaggiano sui tempi medi e sono più adattabili. Questa differenza risulta fondamentale anche per rispondere ad alcune domande sull'organizzazione, per esempio, degli allenamenti di chi fa sport. Il sonno, infatti, è stato considerato come l’area più sensibile per l’atleta, ovvero il momento durante il quale il lavoro fatto si trasforma in adattamenti cronici e in performance stabili.
"Molte volte capita che una sessione di allenamento venga fissata alle 7 di mattina, solo per esigenza pratica - continua Migliaccio -, ma se l'atleta appartiene al gruppo E, al mattino non riuscirà a fare nulla, e questo scaturirà grandi discussioni con gli allenatori. È una battaglia persa, perché ci confrontiamo con un'esigenza genetica che ha a che fare con il proprio cronotipo. Non ha senso continuare a pretendere un orario perché gli altri fanno così, a quell'atleta in particolare tutto questo creerà solo stress e sfiducia in sé stesso".

Il sonno dell’atleta è influenzato da fattori specifici dello sport e fattori extra sportivi e rappresenta una parte fondamentale dell'allenamento poiché consente la coordinazione tra allenamenti e adattamenti fisiologici. Le prestazioni atletiche sono influenzate in maniera significativa anche da una sola notte di sonno alterato, con evidenti conseguenze negative sull’atleta se si estende il problema nei giorni successivi.

Gli stadi del sonno

Il sonno è uno stato fisiologico e comportamentale complesso che ha due stati primari basati su parametri fisiologici. Questi sono: il sonno con movimenti oculari non rapidi (NREM) cui fa seguito il sonno con movimenti oculari rapidi (REM). Il primo si divide in 3 diverse fasi: la N1 ovvero appena ci si addormenta e rappresenta dunque una fase di sonno molto leggero che dura pochi minuti, seguita dalla N2, quella del sonno leggero che rappresenta il 50% della notte.

"Ora dobbiamo immaginare di entrare in una specie di onda, un'oscillazione costante tra sonno leggero (N2) e sonno profondo (N3) per tornare di nuovo alla N2 prima di entrare in fase REM. E tutto questo avviene almeno per 4/5 volte durante la notte", spiega Migliaccio. "Sono due le fasi fondamentali per un atleta: la N3, e quella REM. Durante il sonno profondo, infatti, l'atleta ripristina le scorte energetiche, avviene un'attivazione ormonale e la sintesi proteica, per questo rappresenta un momento più legato all'energia. Se manca qualità di sonno nella fase N3 è come se l'atleta non riuscisse ad assimilare l'allenamento svolto durante il giorno, come a dire, ho lasciato tutto nella ram senza salvarlo nell'hard disk e il giorno dopo deve ricominciare tutto da capo".
La fase REM, invece, riguarda gli aspetti più cognitivi e mentali che hanno a che fare con la concentrazione, la memoria e l'umore.
"Chi ha scarsa presenza di fase REM potrebbe arrivare a vivere male lo stress: non riuscendo a concentrarsi sulle cose da fare e non riuscendo a ricordare gli schemi, non arriverà a prendere le giuste decisioni nei momenti corretti. E questo in una competizione ha un impatto determinante".
In genere, le prime 4 ore di sonno rappresentano quello più profondo, mentre le seconde 4 sono quelle in cui si svolge la fase REM.

Monitorare il sonno

A livello di performance non è tantissimo che si parla della relazione con le ore di riposo notturno. A parte qualche sporadico studio, le prime importanti review scientifiche risalgono al 2012, mentre prima venivano presi in considerazione sono gli aspetti patologici, come l'insonnia.

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Per valutare il proprio “stato di salute del sonno” è necessario sottoporsi a dei test svolti da professionisti, come medici specialisti della materia e psicologi. Oggi però è possibile svolgere anche delle prove “fai da te” attraverso metodi domiciliari, ma per cui è necessario indossare dispositivi wearable come, per esempio, i “fitness tracker”, sul polso non dominante. Questi device aiutano a monitorare la frequenza cardiaca e la sua variabilità, lo sforzo respiratorio e il flusso d’aria e la saturazione di ossigeno arterioso.
“Contando che il 50% della notte la passiamo in fase N2, lo status perfetto della restante parte sarebbe da dividere equamente tra sonno profondo (25 %) e fase REM (25%), ma questo optimum è difficilissimo da raggiungere. Definiamo accettabile, dunque, non meno di un'ora di fase REM e una di N3. Una quantità inferiore rappresenta un problema, come lo è dormire meno di 6 ore perché questo porterà sempre degli effetti collaterali", spiega Migliaccio.

"Un altro aspetto da tenere presente è l'interruzione di sonno: capita di svegliarsi durante la notte, ma si tende a banalizzarlo, invece ogni risveglio inaspettato rappresenta l'interruzione dell'onda e ciò significa ripartire dalla fase N1. Spesso le interruzioni di sonno sono legate all'alimentazione".

Il caso Rio 2016

Le Olimpiadi di Rio del 2016 hanno portato alla luce una problematica che fino a quel momento era stata sottovalutata: la rete americana NBC, nel decidere il programma olimpico, ha deciso che le finali di nuoto sarebbero andate in scena dalle 22 alla mezzanotte di Rio, in modo da offrire al pubblico di tutto il mondo la possibilità di vederle in diretta. Ma questo ha significato per i nuotatori mettersi in competizioni per il titolo che vale una vita di sacrifici in un orario in cui di solito stanno dormendo. Per riuscire ad affrontare questo cambio di paradigma, il direttore tecnico Andrea Di Nino creò uno staff di esperti: uno sport scientist, un nutrizionista, un fisioterapista e un team manager.

"Per arrivare preparati ai Giochi verdeoro, avevamo portato 3 dei nostri atleti in privazione di sonno, facendoli dormire 2 ore in meno a notte", racconta Gian Marco Migliaccio, lo sport scientist del team. "Il risultato è che tutti i fattori biologici risultavano alterati, così come la temperatura cutanea, la produzione di cortisolo, lo stress aumentato e un umore sballato che portavano loro a gestire molto male rapporti personali nel gruppo. Quello studio lo avevamo svolto 8 mesi prima della partenza per Rio e abbiamo avuto il tempo necessario per abituarli a dei ritmi diversi e a studiare una nuova routine per gestire meglio sonno e alimentazione". Così nelle settimane precedenti i Giochi Olimpici, l'Adn Swim Project, squadra di nuoto impegnata a stravolgere i ritmi circadiani, ha creato una nuova routine per i suoi atleti. Una gestione di alimentazione, sonno e ritmi di allenamento, tarati già sui ritmi di Rio, con risveglio alle 10 e cena all'1.30 di notte. Gestire e conoscere il sonno di un atleta sono aspetti fondamentali da tenere in considerazione per la valutazione dello stesso e delle sue performance. Individuare un orario per andare a letto e svegliarsi ogni giorno alla stessa ora permette di creare un circolo virtuoso a cui il sistema nervoso si adatta e ne trae giovamento.

I rimedi per dormire meglio

Un aspetto fondamentale è quello che si lega all'alimentazione: il tempo e l’orario di assunzione dei nutrienti, oltre alla natura degli stessi, ha dimostrato di avere un effetto sul sonno e sugli adattamenti fisiologici relativi. Mangiare a orari regolari, accorciando la finestra dell'alimentazione durante il giorno, può attivare gli orologi circadiani.

"Ci sono tante abitudini scorrette che adottiamo", spiega Gian Mario Migliaccio. "Le luci a led, per esempio, producono solo luce fredda che blocca totalmente la secrezione di melatonina confondendo il nostro corpo che non riconosce il momento dell'andare a letto. Negli ambienti che predispongono l'atleta al sonno, dovremmo utilizzare una luce gialla, come, ovviamente, in camera da letto, sul comodino, ma anche in salotto e in bagno. Inoltre, bisognerebbe evitare di usare tablet o smartphone a letto o comunque almeno 40 minuti prima di coricarsi e preferire una stanza completamente buia. Evitare gli eccitanti almeno 90 minuti prima di addormentarsi ed eseguire esercizi di respirazione profonda o mindfullness possono essere dei rimedi fondamentali per alcune persone".

A questi si aggiungono i cosiddetti “power nap”, il famoso pisolino, che non deve durare più di 30 minuti in modo da non entrare in N3 e che serve per abbassare la pressione di sonno. In quei 20 minuti avviene un rilassamento totale completo utilissimo e capace di liberare parecchia adenosina che porterà il nostro corpo “indietro di qualche ora”, dando una percezione di vigore ritrovato. Nonostante tutte queste peculiarità, il pisolino non sopperisce la mancanza di sonno, né aiuta a ripristinare il sonno perso.